Paderno Dugnano (Milano) |
È una circostanza veramente surreale quella in cui ci troviamo nelle ultime settimane.
Partita come informazione che poteva tranquillamente essere sottovalutata e scambiata per una fake-news, si è trasformata, giorno dopo giorno, diventando sempre più concreta e spaventosa, facendoci sentire storditi e confusi dalla sua evoluzione così veloce.
Io mi trovavo in Germania con il mio gruppo di lavoro nei tre giorni in cui a Milano, nella mia bella città, è iniziata la pandemia.
Continuavano a giungerci notizie di supermercati svaligiati, corse all’ultima mascherina, primi casi di contagio.
Ogni minuto, un articolo nuovo, faceva capolino nelle nostre bacheche Facebook.
Da lì in poi, un’apprensione sempre maggiore, accompagnata dall’incertezza del giorno dopo e, al nostro ritorno a Milano, rapidamente tutto ha iniziato ad accelerare e a diventare sempre più reale: stava succedendo davvero.
In pochissimi giorni mi sono ritrovata dall’andare comunque a lavoro con qualche accortezza, al non poter più uscire di casa.
Ho iniziato a sintonizzarmi su quel telegiornale mattutino che avevo sempre ignorato, come se mi fossi rimessa in contatto con le circostanze al di fuori della mia vita, e del mio paese, spinta da necessità, paura e incertezza.
Mi interessano, ora, i discorsi dei politici, l’inviato di turno che aggiorna la popolazione sui casi e le situazioni nei Paesi del mondo.

Gli stati d’animo sono stati molti in questi giorni.
Inizialmente ha preso piede la confusione, che ha poi lasciato spazio alla paura del contatto con gli altri e che oggi si trasforma in una lotta contro la noia e l’impotenza del rimanere a vedere cosa succede dalla finestra di casa.
Stare a casa, quella cosa che ultimamente facevo appena potevo perché sono stata vittima di una forte depressione.
Stare a casa per me non è mai stato un peso o un qualcosa per cui strepitare e cercare di evadere il più possibile, come solitamente succede ai miei coetanei. Stare a casa ha sempre rappresentato “la salvezza” per me, perché mi ha sempre permesso di raggomitolarmi tra quelle coperte calde e non pensare più alla realtà, agli altri, al mondo intero.
Ora mi rendo conto che non è sano.
Non è sano non farsi una passeggiata sotto i raggi del sole anche solo per il gusto di farlo.
Non è sano non preoccuparsi di quello che succede intorno a me perché non esiste solo il mio piccolo mondo.
Non è sano stare in casa e rassegnarsi alle cose.
Bisogna lottare e confrontarsi con l’incertezza e la grandezza dell’universo. Questa quarantena è una buona occasione per guardarmi dentro e capire me stessa come mai prima d’ora, stare con la mia famiglia ed apprezzare quello che ho.
È una dura lezione per tutti noi, che ci ricorda quanto siamo piccoli e tante volte impotenti di fronte alla grandezza della natura.
Ma la speranza, quella, è sempre più grande e cresce in ognuno di noi.
La voglia di sostenerci anche a distanza al grido di “andrà tutto bene”, i video ironici sui social per combattere la negatività e regalare un sorriso, inventarsi nuovi modi e strategie di passare il tempo anche chiusi in casa, lasciare alla nonna la spesa sotto casa per non farle rischiare il contagio.
Siamo un popolo fantasioso e positivo.
Il sostegno e la solidarietà di alcuni popoli ci aiuteranno a venirne fuori nonostante la nostra Europa non si sia dimostrata molto solidale.
Ne usciremo sicuramente presto e sconfiggeremo il grande male.
Uniti anche a distanza.
Paola Greta Russi, Istituto turistico serale “Mosè Bianchi” di Monza